Fino a ieri, si diceva che il pedone ha sempre ragione e perciò ha diritto ad ottenere il risarcimento. Era un’affermazione un po’ approssimativa ma in molti casi vera. Ora, questo principio sta tramontando: la discesa è iniziata due mesi fa, quando un tribunale ha detto che il pedone che attraversa la strada guardando il cellulare ha un concorso di colpa che lo rende corresponsabile dell’incidente. Adesso la giurisprudenza rincara la dose e la Cassazione con una sentenza di oggi [1] ritiene responsabile il pedone che attraversa sulle strisce di corsa. Non solo corresponsabile, ma addirittura unico responsabile del sinistro che è avvenuto, stando alla pronuncia dei giudici, tutto per colpa sua.
Il caso deciso riguardava un pedone che aveva attraversato correndo; si era immesso all’improvviso nella strada e così l’automobile che sopraggiungeva non era riuscita a evitarlo. La persona a piedi gli era comparsa davanti all’ultimo momento, non dandogli tempo e modo di effettuare una manovra d’emergenza per non colpirlo, come una frenata o una sterzata. Il pedone è morto a causa dell’investimento. La strada era a scorrimento veloce, con uno spartitraffico centrale. Si trattava della via Salaria, nel Comune di Roma. Al momento dello scontro, l’autovettura viaggiava a 77 km/h in un tratto ove vigeva il limite di 70 km/h consentiti. L’incidente è avvenuto di notte.
Gli eredi avevano instaurato la causa per ottenere il risarcimento dei danni derivati dalla morte della persona loro congiunta. Il conducente dell’auto aveva subito per il medesimo fatto anche un processo penale per omicidio colposo, che si era concluso con l’assoluzione. Il punto essenziale che i giudici hanno affrontato è stato questo: l’attraversamento era prevedibile? Quesito che rientra nella domanda più ampia: quando ha torto il pedone investito?
La Corte ha ritenuto che il pedone abbia agito con estrema imprudenza, rendendo impossibile al conducente in quelle concrete circostanze evitare l’investimento. Oltretutto in quel punto non vi erano strisce pedonali (si trovavano a 100 metri di distanza) e il pedone aveva addirittura scavalcato lo spartitraffico centrale cioè una barriera insuperabile e dotata di apposite siepi. Ma per la Cassazione anche se l’attraversamento fosse stato compiuto proprio sulle strisce le conclusioni raggiunte sarebbero state le medesime ed è questo il punto di maggior interesse della sentenza per tutti.
Infatti – osservano i giudici – «il pedone che attraversi la strada di corsa sia pure sulle apposite strisce pedonali immettendosi nel flusso dei veicoli marcianti alla velocità imposta dalla legge pone in essere un comportamento colposo che può costituire causa esclusiva del suo investimento da parte di un veicolo ove il conducente dimostri che l’improvvisa ed imprevedibile comparsa del pedone sulla propria traiettoria di marcia ha reso inevitabilel’evento dannoso, tenuto conto della breve distanza di avvistamento, insufficiente per operare un’idonea manovra di emergenza».
Dunque l‘automobilista è riuscito ad andare esente da colpa dimostrando l’eccezionale anormalità della condotta del pedone e così fornendo la prova liberatoria [2] necessaria per superare la presunzione di corresponsabilità (altrimenti, di regola, ci sarebbe stato il concorso di colpa del pedone investito). Lo ha fatto, però, in un modo diverso da quello consueto: non dimostrando di aver tenuto egli stesso un comportamento prudente alla guida e ligio alle regole del Codice della strada, bensì evidenziando che l’evento si era verificato esclusivamente per il comportamento imprevisto e imprevedibile della vittima, sopraggiunto all’ultimo momento e che non poteva essere evitato in nessuna maniera.
A questo punto, anche il lieve superamento del limite massimo di velocità è risultato ininfluente (i periti hanno stabilito che l’incidente si sarebbe verificato, con le stesse conseguenze mortali, anche se la velocità fosse stata contenuta entro i 70 km/h). Per approfondire l’argomento leggi anche investire una persona che attraversa all’improvviso e macchina che investe un pedone: di chi è la colpa?
FONTE: LA LEGGE PER TUTTI:
Autore: Paolo Remer